Eccola che si avvicina. Un passo avanti, due indietro, un altro ancora avanti. Poi dice, non dice niente. Lo fa sempre. Fa per dire e non dice, muove il labbro inferiore e poi non dice nulla. Si morde le labbra adesso. Sbuffa. Si schiarisce la voce. Sbuffa di nuovo. Chiede d’accendere. Accende. Aspira. Butta fuori il fumo della sua Marlboro. Allora, – mi fa – si comincia. Sì, comincia – le dico io. Mettiti lì. Sì. Più a sinistra, un altro po’. Ok va bene. Fuma, – le dico – e guarda in camera. Fissa, in camera. Lei guarda in camera, aspira dalla sigaretta, butta fuori il fumo. Poi arriccia il naso. Cosa dico? – dice. Di’ quello che ti passa per la testa. Niente, non mi passa niente. E allora non dire niente. Guarda in camera, e fuma. E non fare altro. Lei guarda in camera. Sei invecchiato, dice. Sbuffa ancora. Una zoomata, – i suoi occhi in primo piano, poi le labbra, solo le labbra, mentre lei parla. Allora? Sei invecchiato. E passa una mano tra i capelli. Com’è? ‘sti capelli bianchi? Cazzo, – dico io – Moira. Moira, ascolta, non devi fare domande. O parli e fumi. O stai zitta e fumi. E guardi in camera, in entrambi i casi. Ok? Niente domande. Chiaro? Uff, – fa lei – ma così due palle! Riprendiamo? Ok, dai riprendiamo. Rientra da là, di nuovo. Accendine un’altra. Tiè, l’accendino. Torna alla porta. Accende la Marlboro. Guarda in camera. Spegne la cicca in terra col suo tacco-12. Adesso mi spoglio, dice. Cosa tolgo prima? Allora? Questo? Va bene questo? Sfila la canotta rosa che ha indosso. La sfila con un movimento lento delle spalle, e delle braccia magre. Sembra una ballerina adesso. Poi si piega, fa per togliere una scarpa, poi cambia idea. Le pieghe sulla longuette nera sembrano onde in miniatura, le cosce avvolte dalla gonna un oceano nero. Prende un’altra sigaretta. La tiene in bocca, ballonzola su e giù mentre lei dice: oggi piove. Lo dice piano: og-gi-pio-ve. Poi prende la sigaretta e la tiene in mano. Lo smalto nero delle unghie. Gli occhi verdi. La finestra. Si avvicina alla finestra. Oggi piove, ripete. Accende la sigaretta e poi torna a guardare in camera. Sfila la longuette lasciandola scivolare lungo i fianchi. L’addome chiaro macchiato da venature violacee. I fianchi perlacei. Le mutandine di pizzo nero, volgari quel tanto che basta. Vuoi giocare con me? – dice.